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RICORDANDO GIUSEPPE PINELLI. MILANO 2 APRILE 2017 (2 of 3)

RICORDANDO GIUSEPPE PINELLI. MILANO 2 APRILE 2017 (2 of 3)
Pubblicato il 3 Aprile 2017
da etruscanwarrior.
Italia, Lombardia
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PARTE 2 DI 3 / PART 2 OF 3.
“PINELLI, LA FINESTRA E’ ANCORA APERTA”.
Domenica 2 aprile 2017, presso la “Casa di Alex” in via Moncalieri 5 nel quartiere di Pratocentenaro, Zona 9 Milano, presentazione del libro “Pinelli, la finestra è ancora aperta” di Gabriele Fuga e Enrico Maldini. Sono intervenuti Rosanna Lombardo (ANPI Zona 9), Gabriele Fuga (avvocato e scrittore), Claudia Pinelli (figlia di Giuseppe Pinelli) e Piero Scaramucci (giornalista). Intermezzi musicali con il duo “Clod & Puccio” e rinfresco finale. Evento organizzato dalla “Casa di Alex” e dall’ANPI Zona 9 Milano.
“Nel 1996 dagli archivi di via Appia si scopre che almeno altre 14 persone facenti capo al ministero dell’interno e mai sentite dai magistrati si aggiravano in quel quarto piano della questura di Milano la notte in cui Pinelli morì”. Bastano queste tre righe in sede di epilogo per spiegare l’importanza del lavoro di Gabriele Fuga e Enrico Maltini. “La finestra è ancora aperta” è il titolo del libro, la versione aggiornata di quello pubblicato nel marzo del 2013. “Ancora oggi la storia stessa di questo paese chiede giustizia e ancor più che giustizia conoscenza” scrivono gli autori Enrico Maltini, fondatore della Croce Nera anarchica, e l’avvocato Gabriele Fuga, in un paese in cui i cittadini continuano a morire nelle mani delle cosiddette “forze dell’ordine”, a subire vessazioni e torture, senza che si riesca a varare una legge che sanzioni la tortura come reato (anzi con il Quirinale che concede la grazia ai condannati per il sequestro dell’iman Abu Omar). Il libro non si occupa solo di una storia di quasi 50 anni fa ma del presente. “Migliaia di fascicoli rivelano una sistematica azioni di intrusione, sottrazione di indizi, falsificazioni, sottrazioni di corpi di reato, depistaggi, manipolazioni di testi” è la ricostruzione su quello che avvenne la notte tra il 15 e il 16 dicembre del 1969 ai danni di Pino Pinelli, ferroviere anarchico, fermato per la strage di piazza Fontana e trattenuto illegalmente per 3 giorni prima di precipitare da una finestra di via Fatebenefratelli. “Malore attivo” è la sintesi della sentenza emessa dal giudice Gerardo D’Ambrosio, che non usò proprio quelle parole, ma altre ancora più inquietanti. Il giudice scrisse di “atti di difesa di Pinelli”. Significa quindi che c’erano stati atti di offesa da parte degli uomini in divisa che lo interrogavano e che a verbale affermarono cose inverosimili e contraddittorie. Contemporaneamente in questura in quei giorni c’erano uomini del Viminale e dei servizi segreti, la presenza dei quali all’epoca fu nascosta. Tra gli uomini che frequentarono quella stanza, la sua, il commissario Luigi Calabresi era il più alto in grado ma acquattati altrove c’erano i superiori in via gerarchica arrivati da Roma. In testa Silvano Russomanno, un tempo tra i collaborazionisti fascisti della Repubblica Sociale. La presenza fisica nella stanza al momento del fatto del dottor Calabresi è un puro dettaglio. Calabresi quantomeno coprì quello che era accaduto e a coprire tutto pensò la sentenza di D’Ambrosio, che da un lato non poteva aderire alla versione del suicidio e dall’altro non poteva sposare la tesi dei movimenti sulla strage di Stato e l’omicidio di Pinelli.

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