Veni vidi vici… ma non mi assumono, storia di ordinaria italianità! I dati del monitoraggio dei vincitori di concorsi avviato dal Dipartimento della Funzione Pubblica (http://goo.gl/VDS16y) enumerano 4079 vincitori delle pubbliche amministrazioni nel limbo permanente dell’attesa di chiamata, una “Waterloo” sociale, un quinto Stato, un’anomalia tutta italiana. Un esempio su tutti: il maxi-concorso di Roma Capitale bandito nel 2010 ha sfornato finora, gennaio 2016, appena 500 assunti su 1995 vincitori di diritto (selezionati da 300.000 candidati), neppure la metà dei posti messi a bando, a fronte delle croniche carenze di personale, peraltro già tendenzialmente anziano. Competenze qualificate che potrebbero dare un’iniezione di produttività si traducono, invece, in uno spreco di risorse umane ed economiche, quelle prodotte dalla complessa macchina organizzativa del concorso pubblico finanziato con i soldi pubblici! Non è possibile concepire che in un paese occidentale superare le forche caudine di un concorso pubblico non produca la certezza giuridica sancita dall’articolo 97 della Costituzione, ma anni di attesa per l’ingresso nella PA! La cosa pubblica – pubblica in quanto finanziata con le tasse pagate dalla popolazione – è cosa di tutti, non è un’azienda privata e non può essere terra di conquista per la politica autoreferenziale che ne disponga a piacere! Lunghi anni di studio, scuole alte alle spalle, concorsi superati non valgono un lavoro nell’Italia degli scandali. Chi sceglie la via legale è lasciato a casa, quasi un popolo di invisibili – anche perché i vincitori di concorso non sono iscritti al sindacato e non votano le RSU –, mentre “sine titulo”, “atipici”, interinali, esternalizzati, precari per chiamata diretta (che non hanno affrontato alcuna selezione) sono prorogati e magari inseriti in percorsi di stabilizzazione (questi tutt’altro che bloccati!) con una leggina-sanatoria ad hoc: i vincitori sconfitti da parenti, nepotismo, clientele e discrezionalità amministrativa al limite dell’arbitrio! La limitazione del turnover, cioè del ricambio generazionale tra personale in via di pensionamento e nuovi ingressi, di fatto un tetto alle assunzioni atto a ridurre le percentuali di accesso, sta mettendo seriamente a repentaglio i servizi erogati ai cittadini dalla PA, causando oltretutto l’invecchiamento del lavoro pubblico e una perdita di professionalità, produttività, innovazione tecnologica e competitività senza precedenti. Non è un paese per giovani, verrebbe da dire, parafrasando il titolo del celebre romanzo di McCarthy! E’ di questi mesi, peraltro, il grido d’allarme della Ragioneria dello Stato: “Il mantenimento prolungato delle politiche di contenimento del turnover finirà per porre in pochi anni un problema di sostenibilità dei servizi erogati” (Fonte ANSA, http://goo.gl/nSlrjH).
Fonte video: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-4e8592c3-b1c2-40cb-8b90-f20d0b032811.html