Il cinema italiano strizza l’occhio ai boomers con la proposta di film e documentari che ricordano un’epoca vissuta con grande consapevolezza per alcuni e con profonda ignavia per altri. “Il Maestro” con Pierfrancesco Favino che interpreta un sedicente campione che allena un ragazzino, racconta una storia vissuta da molti e non solo nel mondo dello sport. Dunque un regista tagliente e profondo come Marco Bellocchio trionfa alla 82° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica con un film ambientato negli Anni Settanta, che racconta l’Italia del lavoro, della malavita, della politica oscura, con una grande attenzione per le atmosfere, i dettagli, i costumi, i tagli di capelli, il linguaggio. Con gli stessi colori del suo capolavoro “Buongiorno notte”, con lo stesso sapore amaro, racconta una tragedia diversa, una vicenda che parte stucchevole come una caramella troppo dolce. Per diventare poi quello che ci si aspetta da lui, una storia tragica raccontata con disincanto, la storia tragica di Enzo Tortora, il conduttore della fortuna trasmissione Portobello che è stato uno dei più grandi successi della Rai, raggiunto da accuse infamanti, arrestato e poi linciato, distrutto mediatamente sia dal suo pubblico che dall’azienda che gli aveva dato spazio e potere. I possibili contatti tra Enzo Tortora e la camorra napoletana e i motivi di ciò sono rimasti un mistero. Nell’Italia analogica si parlava al telefono, si scriveva e ci si muoveva ancora non tracciati. E’ possibile che la verità non sia quella del suo processo e neanche quella raccontata dai giornali dell’epoca. Forse neanche quella delle sue lettere dal carcere alla sua donna, che venivano aperte anche da altre mani. La storia torbida di Tortora raccontata da Bellocchio impressiona per la verosimiglianza delle situazioni carcerarie, ma anche dei backstage di Viale Mazzini e per la bravura degli attori, a partire dal protagonista Fabrizio Gifuni.